A fish in the foreign waters
Oggi doppio appuntamento. Parliamo di libri e di autori di libri in inglese per bambini. Oggi vi presentiamo “A fish in foreign waters” scritto da Laura Caputo-Wickham e illustrato da Pamela Goodman. Un libro pensato per i bambini bilingue, per tutti quei bambini, ma non solo, che hanno seguito la loro famiglia nell’avventura dell’espatrio lontano dalla propria casa di origine. Un po’ come i miei bambini e quelli di Mirella e di Fabiana.
Rosie Ray e’ una pesciolina adorabile che vive a Green Bay con la sua famiglia e tanti amici. Un giorno il suo papa’ avvisa che si devono trasferire lontano a causa del suo lavoro, a Indigo Bay. Il nuovo paese di Rosie e’ bello, ma lei non capisce neanche una parola, lei non conosce gli usi e i costumi locali e si sente persa. Che fatica! Sara’ nel giorno del suo compleanno che capira’ quanto questa esperienza di espatrio e quanto l’essere bilingue siano per lei un dono preziosissimo.
Abbiamo avuto il piacere di intervistare l’autrice Laura. Vi lasciamo ai suoi racconti.
Abbiamo avuto il piacere di intervistare l’autrice Laura. Vi lasciamo ai suoi racconti.
1) Nello scrivere ed illustrare il libro ti sei ispirata ad una situazione vissuta?
La storia di Rosie Ray e’ basata sulla vita di mia madre. Nata in Italia, dovette trasferirsi con la famiglia nel Sud Africa quando aveva quattro anni. Torno’ in Italia molti anni dopo, si sposo’ e poco dopo ebbe me. Fin dall’inizio mia madre cerco’ di espormi alla lingua inglese (per quanto le fosse possibile a quei tempi in Italia). Amavo ascoltare le sue “avventure” in quella terra per me cosi lontana. In molte delle sue storie traspariva una sorta di disagio da lei provato nell’essere diversa dai suoi compagni. Questa e’ stata l’ispirazione per “A Fish in Foreign Waters”.
2) Quali sono le motivazioni che ti hanno guidato nella stesura del libro?
Appartengo a tre generazioni di bilingue e nelle nostre esperienze vedo alcuni elementi comuni, tra cui una forte esitazione nel parlare la lingua minoritaria in tenera eta'. Spesso questa e’ causata da un senso di imbarazzo che si ha nel sentirsi diversi dai propri compagni. O a volte il bambino non sente di voler investire energie nell’apprendere una lingua che, nella sua percezione, sono in pochi a parlare. Spesso non hanno una forte motivazione e non comprendono appieno i benefici che il bilinguismo porta. Questo e’ un vero peccato perché e’ proprio quando si e’ piccoli che il nostro cervello apprende le lingue con più facilita’. E’ per questo motivo che ho scritto il mio libro, per aiutare i bambini a capire quanto e’ bello e utile conoscere più di una lingua.
3) Come hai vissuto personalmente l'esperienza del bilinguismo? Come la vivono i tuoi figli?
Mi ricordo quante volte mia madre doveva ricordarmi di parlare in inglese, non mi veniva naturale e francamente un po’ me ne vergognavo. Fu solo qualche anno dopo, quando ormai ero più grande, che cominciai ad apprezzare appieno cosa significhi parlare più di una lingua. Se potessi tornare indietro, mi sarei sicuramente sforzata di più. E’ per questo motivo che sto facendo di tutto per far si che le mie due figlie non crescano con gli stessi rimpianti. Al momento la mia bambina più grande, sebbene capisca ogni parola in italiano mi risponde sempre e solo in inglese, ha solo quattro anni e credo che voglia dare la priorità al perfezionamento della lingua maggioritaria prima di preoccuparsi di quella minoritaria, ma sono fiduciosa che tutto ad un tratto questo cambierà. Ho gia’ potuto vedere un grande cambiamento nel suo atteggiamento grazie alla storia di Rosie Ray. Poterle fornire un personaggio con cui identificarsi l’ha aiutata a capire di non essere l’unica a dover affrontare le sfide e le difficolta’ che il bilinguismo può portare.
4) Cambieresti qualcosa nel vostro approccio al bilinguismo?
Crescere un figlio bilingue e’ un processo complesso, e guardando indietro posso dire di aver commesso diversi errori. Il primo e’ stato quello di credere a chi diceva che sarebbe stato facile, che sarebbe stata la cosa piu’ naturale del mondo. Sebbene questo possa essere vero per alcune famiglie ed alcune situazioni, per me e’ spesso duro lavoro. E sono certa di non essere l’unica. Quando si vive completamente immersi nella lingua maggioritaria, quando e’ soltanto un genitore a parlare la lingua, quando la propria cultura non e’ percepita positivamente dalla cultura del paese dove si vive… ci sono moltissime dinamiche che possono rendere questo approccio piu’ o meno facile. Bisogna essere consapevoli che spesso ci saranno difficolta’ ma che il risultato ne farà senza dubbio valere la pena.
Un altro mio errore e’ stato quello di dare per scontato che le mie bambine volessero imparare la mia lingua e capissero i benefici che il bilinguismo può portare. Non e’ sempre cosi ed e’ per questo che e’ importante spiegare loro i motivi per cui vogliamo che imparino una seconda (o terza) lingua.
Un’altro fenomeno che ho avuto modo di notare e’ che spesso c’e’ un atteggiamento di giudizio tra genitori. Se una famiglia non usa lo stesso metodo, se i genitori sono troppo severi nel rinforzare la lingua o se il bambino non viene esposto alla lingua minoritaria ad ogni occasione, si tende a criticarci a vicenda. Sarebbe molto più produttivo aiutarsi ed incoraggiarci, dopotutto abbiamo tutti lo stesso obiettivo: dare il meglio ai nostri figli.
5) Quali sono le tre cose che hanno arricchito di piu' la vostra vita?
La nostra fede in Dio, l’amore per i libri (il conoscere due lingue raddoppia la scelta!) e la voglia di scoprire cose nuove.
6) Se dovessi dare un consiglio a chi sta intraprendendo la scelta dell'espatrio, quale sarebbe?
Direi loro di ricordarsi che i bambini sono più resilienti di quello che pensiamo. Spesso la paura e il senso di colpa di noi genitori ci tira indietro e non ci permette di godere appieno delle nuove esperienze, ma e’ anche il nostro atteggiamento a dare forma ai loro ricordi, perciò restare positivi e mantenere un dialogo aperto sono sempre mosse vincenti. La mia speranza e’ che le avventure di Rosie Ray possano aiutare proprio in questo.
Laura Caputo-Wickham e’ nata a Roma, si e’ laureata in Lingue e Culture Straniere presso l’università Roma Tre. Nel 2010 ha completato un Master per l’insegnamento della lingua italiana a stranieri presso l’università Ca’ Foscari di Venezia. Oggi vive nel Kent, nel Regno Unito dove oltre a scrivere e insegnare, dirige un gruppo sociale per le famiglie straniere. E’ mamma di due bambine, Elisa e Grace, a cui cerca di trasmettere la propria passione per le lingue e le culture.
Potete trovare il suo libro qua.
Scritto da Miriam
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